Lambita a Ovest dalle acque del Mediterraneo,
delimitata a Sud dal deserto del Sinai e a Est da quello Siriaco, confinante a
Nord con le propaggini meridionali del Libano, la Palestina si estende
longitudinalmente per non più di 140 km e latitudinalmente per circa 240 km.
Anticamente interessata, per la sua posizione lungo la rotta che conduce
dall'Egitto alle vaste pianure mesopotamiche, da ampi fenomeni migratori e
percorsa da importanti piste commerciali, sul finire del XIII secolo a.C. il
primo nucleo di coloro che avrebbero costituito il regno di Israele elesse la
regione a propria dimora, incidendo profondamente sul ruolo che avrebbe
ricoperto nel lungo cammino della storia.
In quell'epoca il Medio Oriente e
il bacino del Mediterraneo vivevano un periodo di instabilità politica
caratterizzato dal graduale, e talvolta perfino improvviso, declino degli imperi
che avevano assunto un ruolo egemonico durante l'intero II millennio e dalla
comparsa di nuove popolazioni. In Egitto, dopo la crisi interna che aveva
portato alla caduta della XVIII dinastia, Ramesse, un generale originario di
Avaris, aveva assunto il potere e, nonostante un breve regno durato poco più di
un anno, dal 1305 al 1036, riuscì a passare lo scettro al figlio Sethi. La XIX
dinastia riuscì a riportare sotto il proprio controllo la Palestina e altre
terre confinanti solo grazie a un dispendioso impegno militare nel confronto con
il rivale Ittita, il regno di Mitanni e l'astro nascente della potenza
Assira.
Durante il XIII secolo, l'interesse dell'Egitto verso l'Asia fu tale
che vennero adottate centinaia di parole di origine semitica, gli dei di Canaan,
il nome ufficiale di una provincia che comprendeva però solo una parte della
Palestina, entrarono nel pantheon egizio e la capitale fu trasferita a Avaris,
non molto distante dallo stretto di Suez. Il nuovo centro amministrativo diede
l'impulso a un'imponente opera di costruzione nella quale vennero impiegati
degli schiavi di stato identificati con il nome di 'Apiru. Un termine che
indicava più una classe sociale che un popolo, ma di cui fece probabilmente
parte il ceppo originario degli Israeliti.
Un'iscrizione che invoca il Dio
degli 'Apiru con un tono simile a quello utilizzato nella Bibbia per il Dio
degli Ebrei, assieme a una certa affinità etimologica di entrambe i nomi, può
far ritenere che gli Ebrei fossero effettivamente identificati con gli 'Apiru.
Il primo riferimento a Israele compare del resto solo verso la fine del secolo
quando il faraone Marniptah, nel quinto anno del suo regno, intorno al 1220, per
commemorare le proprie vittorie in palestina, fece erigere una stele sulla quale
vennero incisi i nomi dei popoli sconfitti. Gli studiosi avanzano però numerosi
dubbi sul fatto che il popolo di Israele battuto dall'esercito egizio fosse lo
stesso di cui si parla nel libro dell'Esodo. É infatti possibile, se non
altamente probabile, che un gruppo tribale riconosciuto come Israele si fosse
stanziato in Palestina ben prima di Mosè. Questi avrebbe forse guidato fuori dai
confini dell'Egitto un gruppo che, dopo aver adottato le pratiche monoteistiche
che l'avrebbero contraddistinto nei secoli successivi, sarebbe stato
successivamente assorbito dall'Israele cui fa riferimento la stele di
Marniptah.
Intorno agli inizi del II millennio avanti Cristo, i rilevamenti
archeologici e le numerosi fonti scritte finora ritrovate, attestano inoltre la
migrazione di gruppi seminomadi dediti alla pastorizia dalle pianure
mesopotamiche alla Palestina. Queste tribù, dello stesso ceppo Amorita, come
venivano identificate le popolazioni semitiche nord-occidentali, dal quale trae
origine, per larga parte, il popolo ebraico, furono verosimilmente guidate da
coloro che
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| Mosè guida l'esodo degli
ebrei |
nei racconti biblici avrebbero
ricoperto la figura dei patriarchi. Sul finire del III millennio avanti Cristo
la Palestina era stata oltretutto coinvolta da un lungo periodo di crisi che
aveva visto scomparire, in alcune aree anche per diversi secoli, i primi esempi
di insediamenti urbani, favorendo lo stanziamento di nuovi popoli.
Una
situazione analoga si verificò sul finire del XIII secolo, quando ebbe luogo la
conquista israelita della regione. L'intera area era controllata da una serie di
sovrani locali di stirpe canaanita a loro volta vassalli dell'Egitto,
l'insoddisfazione che aleggiava nelle campagne, e perfino tra gli abitanti delle
città, rendeva però il loro dominio a dir poco precario. I gruppi tribali
guidati da Mosè, o da capi carismatici dai tratti non troppo differenti da
quelli riportati nella Bibbia, avevano da poco adottato il culto di Yaweh e la
prospettiva della Terra Promessa animava i loro animi. Non è da trascurare che
nessuno fra loro provenisse dall'aristocrazia guerriera, per la maggior parte
erano semplici lavoratori e pochi erano persino quelli specializzati. Lo
scontento delle popolazioni locali spinse queste ultime a accogliere con favore
i nuovi venuti, adottando la nuova religione e dando inizio alla classica
struttura tribale del popolo di Israele.
Nel corso dell'aspro confronto che
si susseguì nei decenni successivi i re canaaniti vennero gradualmente privati
del proprio trono e le loro città vennero distrutte una ad una. Non è però da
escludere che la vittoria delle tribù israelite fosse stata favorita da
insurrezioni scoppiate all'interno degli stessi centri palestinesi. Durante
questa prima fase della colonizzazione, gli uomini delle tribù posero la propria
fiducia nelle mani di uomini che, non potendosi ergere come capi supremi,
essendo la figura del monarca antitetica alla struttura originaria della società
israelitica, si affidarono al proprio carisma. Gedeone, Sansone e Iefta sono
solo alcuni fra i nomi riportati nel libro dei Giudici.
Intorno alla metà
dell'XI secolo, la solidità dell'ordinamento tribale subì però un grave colpo
quando i Filistei, che potevano contare su un'aristocrazia guerriera determinata
e un'organizzazione militare più evoluta, iniziarono a minacciare l'indipendenza
degli israeliti. I Filistei si erano trasferiti nella regione quasi
contemporaneamente agli anni dell'Esodo. Alcuni dotti amano associare al loro
nome l'etimo della parola Palestina, mentre altri fanno derivare quest'ultima da
una variazione greca, e poi latina, di Israele. Senza dubbio i Filistei
ricoprivano intorno all'XI secolo un ruolo non trascurabile nell'intera
provincia. Intorno al 1050 a.C., in seguito alla decisiva sconfitta nei pressi
di Afek, agli estremi del piano costiero, gli Israeliti dovettero, almeno
temporaneamente, accettare il ruolo del nuovo dominatore. Furono loro imposte
drastiche limitazioni, fra cui l'impossibilità di portare armi.
La gravità
della situazione, spinse la confederazione delle tribù a infrangere il principio
fino ad allora rispettato di non accettare un'autorità regale. A Saul, un
beniamita della città di Gibeah, fu offerta la corona israelita. La scelta fu
senza dubbio felice perchè il primo monarca del popolo ebraico fu in grado di
affrontare e sconfiggere il nemico ora affiancato anche dagli Ammoniti. A Saul
successe David, che trasferì l'
Arca dell'Alleanza a Gerusalemme,
probabilmente scelta per la posizione neutrale di cui godeva, e unificò sotto il
proprio controllo l'intera Palestina.
Durante il regno di Davide Israele
raggiunse una relativa importanza politico-militare al punto che lo stesso
Egitto ne rispettava i confini trattando la giovane nazione come proprio
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Durante il regno di
Davide Israele raggiunse una relativa
importanza politico-militare |
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pari.
Salomone, il cui governo si protrasse per quasi quarant'anni, dal 961 al 922, fu
l'ultimo dei grandi sovrani israeliti. L'aspra politica fiscale adottata dal
monarca passato ai posteri per la propria saggezza, fu però la causa di un
generale malcontento, sentito soprattutto dalle tribù del Nord. L'assenza di
figure carismatiche sulla scena politica contemporanea fece sì che il dissenso
sfociasse nell'aperta ribellione e le regioni settentrionali ottenessero
l'indipendenza. Il popolo ebraico, e la Palestina, si trovò così diviso in due
entità ben distinte fra loro, il modesto Regno di Giuda a Sud, sotto il cui
controllo si trovava Gerusalemme, e il più ricco Regno di Israele a Nord.
Rivalità intestine e i continui conflitti con la vicina Damasco indebolirono
però quest'ultimo che, coinvolto in uno scontro aperto con la sorgente potenza
Assira, venne definitivamente sottomesso dalle truppe di Sargon II fra il 722 e
il 721 a.C.
Il nuovo dominatore non tardò a far sentire la propria influenza
con un vasto piano di colonizzazione, attuato attraverso la deportazione sia
delle popolazioni israelitiche sia di popolazioni mesopotamiche, delle regioni
conquistate. La nuova componente, pur portando con sé usi e costumi fino ad
allora estranei all'area palestinese, si amalgamò ben presto con le popolazioni
locali di origine ebraica. I loro discendenti furono successivamente
identificati con il nome di Samaritani di cui alcune comunità sussistono tuttora
nel moderno stato di Israele. Il Regno di Giuda, adottando una politica
isolazionista, mantenne invece la propria indipendenza per quasi quattro secoli,
pur caratterizzata, negli ultimi due, da un rapporto di sudditanza con
l'Assiria, l'Egitto o Babilonia.
Nello stesso periodo, anche grazie
all'opera di profeti come Ezechia e Isaia, la religione ebraica attraversò
un'ulteriore fase di evoluzione, probabilmente grazie alla quale, negli anni più
difficili dell'occupazione babilonese, fu in grado di resistere alle influenze
esterne mantenendo così compatta l'identità del popolo di Giuda. Il quale, nel
586 a.C., diede inizio a un aspro tentativo di rivolta contro l'autorità del
nuovo impero mesopotamico che, fallito drammaticamente dopo quasi cinque anni di
accanita resistenza, diede inizio alla deportazione e al triste periodo,
ricordato nella Bibbia, dell'Esilio Babilonese.
La deportazione di parte
della classe dirigente della Giudea era già stata condotta nel 597 a.C., ma le
misure adottate nel 586 a.C. e, in seguito a ulteriori disordini, nel 582 a.C.,
furono tali da provocare una profonda crisi socio economica in tutta la Giudea.
La quale, assimilata amministrativamente alla Samaria, scomparve come entità a
se stante all'interno dell'ordinamento babilonese. In Palestina rimasero solo i
contadini e i manovali, mentre, fra il Tigri e l'Eufrate, gli ultimi profeti
tentavano di mantenere viva l'identità religiosa e culturale del popolo ebraico.
Se le deportazioni non avevano coinvolto che più di 15.000 persone nel loro
complesso, numerosi furono coloro che abbandonarono la Palestina per l'Egitto.
La fedeltà verso le proprie tradizioni fu però ben presto premiata quando
l'Impero Babilonese venne travolto dall'avanzata persiana. Ciro, il fondatore
della dinastia achemenide che avrebbe regnato sull'intero Medio Oriente per i
due secoli successivi, ansioso di poter contare sulla fedeltà dei propri sudditi
alle frontiere con l'Egitto, si fece promotore della restaurazione della Giudea,
che entrò a far parte del grande Impero Persiano come uno stato vassallo.
Il
Tempio di Gerusalemme fu ricostruito, ma la città, oltre che alla regione
circostante, soffriva ancora della crisi demografica seguita al periodo delle
deportazioni e ancora nel V secolo a.C. non si contavano più di 50.000 abitanti.
Per timore di contaminazioni i Samaritani, che occupavano la parte
settentrionale della Palestina, furono però esclusi dalla ricolonizzazione. Per
quasi duecento anni lo scenario politico della regione rimase inalterato, ma
allorchè le falangi di Alessandro Magno penetrarono nelle provincie
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| Abramo alla testa del suo
popolo |
dell'Impero Persiano sostituendosi
all'antico dominatore, l'area costiera e la valle del Giordano divennero sede di
colonie greche. La loro presenza non ebbe però influssi radicali sulla sorte
della comunità ebraica.
Alla morte del sovrano macedone la Giudea venne
annessa al regno dei Ptolomei per passare sotto il controllo, fra il 200 e il
198 a.C. della dinastia Seleucide. La situazione deteriorò quando Antioco
Epifane di Siria cercò di imporre il processo di ellenizzazione anche a quella
parte del popolo di Giuda che aveva preservato le antiche tradizioni. Nel 169
a.C. il tempio di Gerusalmme fu saccheggiato dalle truppe seleucidi di ritorno
dall'Egitto, nel 168 a.C. un editto cercò di sostituire il culto di Yaweh con
quello di Zeus. Nel 165 a.C. esplose la rivolta, questa volta vittoriosa. Tre
anni dopo, Giuda Maccabeo, che aveva condotto le armate israeliti contro
l'occupazione straniera, ricevette le insegne regali e, per la prima volta dal
586 la Giudea godeva ancora una volta della piena indipendenza.
Le
successive guerre di conquista, in particolare durante il regno di Giovanni
Ircani permisero di estendere il controllo di Gerusalemme sull'intera area
originariamente occupata dal Regno di Israele. Con l'espansione di Roma
nell'area Medio Orientale anche la dinastia Asmonea entrò però nell'orbita di
influenza quirite e, a partire dal 63 a.C., godette di un'autonomia limitata e
spesso puramente nominale. La presenza ebraica e il culto di Yaweh
contraddistinguevano però in maniera ancora marcata l'intera area palestinese.
Sotto il principato di Vespasiano il malcontento e la speranza di riconquistare
l'antica libertà sfociò ancora una volta nell'aperta rivolta che insanguinò la
regione dal 66 al 70 d.C.
Come avvenne più di seicento anni prima, la
sedizione fu soppressa con energia dalle implacabili legioni di Roma. I vessilli
imperiali entrarono vittoriosi in Gerusalemme ma la comunità ebraica rifiorì
velocemente nei decenni successivi. Ancora più drammatici furono gli effetti
dell'insurrezione guidata da Bar Kochba, fra il 132 e il 135 d.C., che costò, a
Ebrei e Romani, circa 580.000 morti. L'imperatore Adriano celebrò la vittoria
cambiando il nome di Gerusalemme in Elia Capitolina e ordinando la costruzione
di un tempio dedicato a Giove, come del resto era già accaduto all'epoca di
Antioco, dove sorgeva il Tempio sede del culto di Yahweh. Questa volta il colpo
inferto alla comunità israelitica fu ben più profondo, in migliaia cercarono
rifugio lungo le coste dell'Arabia, ma, a differenza di quanto comunemente si
reputa, altrettanto numerosi furono coloro che scelsero di
rimanere.
L'ingresso di nuovi coloni dalle altre province dell'Impero, pose
però le basi perchè in alcuni distretti della Palestina, soprattutto quelli
meridionali, la presenza ebraica diventasse minoritaria. Dediti a attività
prevalentemente agricole, i discendenti del popolo di Giuda si ricompattarono
sotto l'autorità dei Patriarchi, un gruppo di intellettuali il cui ruolo era
riconosciuto anche dal governo romano. Fu nella Palestina del II e del III
secolo che vennero elaborati la Mishnah e la Midrash, opere fondamentali della
tradizione talmudica. La diffusione del cristianesimo costituì una nuova
minaccia per le popolazioni di religione ebraica in Palestina.
Furono emanati
editti che limitavano la libertà sia di culto che economica della comunità
ebraica che, in seguito all'abolizione del Patriarcato, nel 425 d.C., non
costituiva che una minoranza all'interno della regione che l'aveva ospitata per
oltre 1500 anni. Il processo di cristianizzazione dell'area fu seguito con
particolare tenacia dai sovrani Bizantini, al punto che, durante le incursioni
persiane dell'inizio del VII secolo, quella che ormai era la minoranza israelita
non esitò a sostenere il nuovo dominatore. L'Impero Bizantino avrebbe comunque
abbandonato ben presto la regione, quando le orde islamiche occuparono la
Palestina
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| Il mar Rosso si apre agli
ebrei in fuga |
nei cinque anni che vanno dal
635 al 640. L'area cadde sotto il controllo della dinastia Ummaiade, che aveva
la propria capitale a Damasco.
L'intera regione conobbe un nuovo periodo di
prosperità, da cui non fu esclusa la comunità ebraica, ma il sopravvento degli
Abbasidi, che avevano il proprio centro amministrativo a Baghdad, e i continui
conflitti con le altre nazioni islamiche, portarono ulteriori devastazioni. Il
periodo più difficile per le sorti della presenza israelita in Palestina si deve
però probabilmente collocare fra il XII e il XIII secolo. La prima Crociata ebbe
luogo nel 1099 e, per quasi due secoli, fino al 1291, quando la caduta di Acri
segnò la fine della presenza militare cristiana in Medio Oriente, la Palestina
fu il campo di battaglia dello scontro cruento fra l'Islam e l'Europa. Le
incursioni dei Tartari, anch'esse collocabili nel XIII secolo contribuì alla
crisi demografica dell'intero territorio. Successivamente la piattaforma
palestinese passò sotto il controllo dell'Egitto diventandone una provincia di
minima importanza politica.
La comunità giudaica conobbe un nuovo periodo di
splendore quando, in seguito all'espulsione degli Ebrei da Spagna e Portogallo
del 1492, fu al centro di un importante flusso migratorio. All'interno del quale
emerge la figura di Joseph Nasi e Solomon ibn Yaish che, con l'approvazione
delle autorità ottomane, le quali avevano sostituito l'Egitto nel controllo
della regione a partire dal 1517, cercarono di stabilire delle colonie nell'area
di Tiberiade. In particolare il centro di Safed emerse per l'importanza agli
studi cabbalistici della sua scuola rabbinica.
Le sorti della comunità
israelitica in Palestina conobbero alterne fortune durante i secoli successivi,
talvolta oggetto di rappresaglie indiscriminate, come accadde nel 1625 agli
ebrei di Gerusalemme in seguito a alcune disposizioni emanate da Muhammad Ibn
Farukh, che all'epoca governava la città per conto della Sacra Porta, altre
volte in grado di avvantaggiarsi della benevolenza degli amministratori locali.
I contatti fra la Palestina e le comunità della Diaspora vennero però mantenuti
attraverso apposite istituzioni localizzate nelle città di Gerusalemme, Safed,
Hebron e Tiberia, quest'ultima ricostruita nel 1740 con il non indifferente
contributo della popolazione ebraica. Il legame fra il popolo di Giuda e la
Palestina non si era infatti incrinato nonostante fossero trascorsi oltre
millecinquecento anni dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme. A rinsaldarlo
accorsero, sul finire del XVIII secolo, i primi rifugiati dalle comunità
ashkenazite dell'Est Europa.
Stanziatisi principalmente nella Galilea, i
Hassidim, il gruppo più zelante fra il variegato universo della fede israelita,
tornarono in Palestina a partire dal 1777. Di lì a pochi anni la Rivoluzione
Francese e le campagne napoleoniche avrebbero sconvolto l'assetto politico
mondiale aprendo la strada all'influenza delle grandi potenze europee nel Medio
Oriente e a una nuova fase della storia del popolo ebraico.